29 febbraio 2008

Quando i repubblicani persero l'Ohio

Due anni fa i cittadini dell'Ohio hanno eletto il presidente degli Stati Uniti d'America. Poco più di undici di milioni di persone, una percentuale di maggiorenni votanti ovviamente più bassa che, schiacciando un tasto su una macchina elettorale decidono il futuro dell'Iraq, dell'Afghanistan e di molte altre cose. Se l'Unione europea fosse una federazione come gli Usa, staremmo parlando più o meno del Belgio. E proprio come uno stato europeo, l'Ohio non è una realtà omogenea, a percorrerlo in auto si vede subito. Al nord gli insediamenti già industriali, Cleveland, recentemente eletta città più povera degli Stati Uniti (quasi uno su tre adulti e metà dei bambini è sotto la soglia di povertà), Akron e le zone intorno, che hanno perso posti di lavoro per merito dell'internazionalizzazione dei mercati. In un negozio vendono una cartina degli Usa per bambini, un disegnino per rappresentare ogni stato. Per l'Ohio ci sono un auto e una fabbrica. Avrebbero dovuto cambiare disegno: tra 2000 e 2004 in Ohio si sono persi 102mila posti di lavoro e durante la presidenza Bush la disoccupazione è aumentata di un punto e mezzo percentuale. Non siamo lontani da Detroit e da altre zone abbandonate dalle grandi fabbriche di auto. Sherrod Brown, candidato senatore per il seggio dello stato in ballo il 7 novembre ha fatto della denuncia degli accordi internazionali di libero commercio un suo cavallo di battaglia. Va su e giù per le aree dove le fabbriche hanno chiuso a spiegare che bisogna tornare a produrre qui, accusando i repubblicani di aver favorito le compagnie farmaceutiche e petrolifere. Brown è contro i trattati commerciali che (a dire il vero) gli Usa hanno imposto al Centroamerica e le sue idee sono difficili da sostenere senza un tale cambiamento di politica economica che nessuno a Washington potrebbe sostenere.
Il candidato Brown viene da Mansfield, a metà strada tra la capitale dello Stato, Columbus e Cleveland. "Born and raised here" (Nato e cresciuto qui) come recita la propaganda che in questa zona dell'Ohio è più visibile che altrove. Intorno boschi, fiumi e laghetti e qualche parco naturale – e una marea di carcasse di beste accoppate dalle auto sul ciglio della strada – in città una grande strada, qualche chiesa e edificio pubblico primi 900 e un palazzo della Chase Manhattan bank. In periferia un sacco di grandi capannoni industriali vecchi di almeno 50 anni, la metà abbandonati gli altri magazzini o cementifici. "Brown vuole riportare il lavoro negli States, qui lavoro ce n'è sempre meno", spiega Bob, cinquant'anni portati male, capelli lunghi, barba incolta, occhi e pelle da fumatore incallito che non se la passa per niente bene. Sta seduto al banco del Coney island restaurant, accanto a lui una donna e un uomo della stessa età, malmessi come lui, tutti con la sigaretta in bocca e la tuta sdrucita al posto dei jeans. Al tavolo di fronte, una famiglia addobbata per Hallowen che sembra uscita da un film tragico sull'America profonda (o da un episodio della Famiglia Addams).
Dopo aver strabuzzato gli occhi dietro gli occhiali per essersi trovata davanti qualcuno finito quaggiù a fare domande di politica, la cameriera, si mette a parlare di guerra: "Da queste parti c'è abbastanza disoccupazione e più vai a nord e più gente c'è che ha un amico, un parente, un figlio partito in guerra. A me non me ne frega niente dell'Iraq, voglio quei ragazzi a casa". Mentre raccatta i piatti sua madre interviene per solidarizzare con l'Italia, che anche noi abbiamo perso delle giovani vite "e nessuno ha capito perché". Qui l'immigrazione, l'altro tema caldo della campagna elettorale, non sembra essere una priorità. Assistenza medica e privatizzazione dello stato sociale invece lo sono. Del resto, lo Stato dell'Ohio è l'unico che ha l'onore di avere due città tra le prime dieci più povere. La seconda (all'8° posto) è Cincinnati, all'estremo sud rispetto a Cleveland, sulla riva opposta rispetto a Newport, Kentucky.
2Certo che siamo poveri, non ci sono idee, mancano i trasporti pubblici di ogni tipo (hai visto un treno passare?) e poi dipendiamo dal petrolio. Nonostante qui soffi un vento tremendo non c'è traccia di una centrale eolica". A parlare è Bob Fitrakis, candidato indipendente dei Verdi alla carica di governatore e giornalista. E' famoso nello Stato per aver documentato le frodi elettorali nel 2004 e condotto una feroce battaglia per non far bruciare le schede. Secondo lui il problema sta tutto qua: dotare l'Ohio di infrastrutture e denunciare i trattati commerciali che hanno fatto delocalizzare tante imprese. "Non saranno i democratici a fare cose del genere – sottolinea Bob divorando una busta di pop-corn – ma speriamo si predano la maggioranza che di questi pazzi invasati non se ne può più".
Bob fa campagna a Columbus, la sua città, la piccola capitale dello Stato. L'unica ad avere un'economia postmoderna: un enorme centro congressi e una strada di ristoranti che ci passa davanti, lo stadio della squadra di football universitaria, un grande campus e qualche edificio di servizi finanziari. Tra fiere, economia generata dalla burocrazia locale e studenti, una piccola città tira avanti bene. E poi qui era meno industrializzato che altrove. Uscendo di città in macchina, però, le villette diventano di materiali più scadenti o sono tenute peggio. Sulle verande delle case peggiori stanno seduti, quasi sempre, i neri. I bianchi poveri vivono ancora più in la, nel quartiere di case su ruote: praticelli verdi, una scuola, una chiesa e tante roulotte giganti, pronte a spostarsi dove la vita costa meno o dove fa meno freddo. Più lontano ancora comincia quel fenomeno americano che sono i suburbs, che tradotto si dice sobborghi, ma non è proprio la stessa cosa. Entità artificiali a non finire dove le famiglie americane di ceto medio alto si sono spostate, condannandosi ad affrontare ore di automobile per andare al lavoro ed ottenendo in cambio una villetta e una zona commerciale dove comprare qualsiasi cosa, mangiare fuori, andare al cinema, fare sport. La campagna elettorale, in molti degli Stati dell'Unione si fa qui. Qui vivono i bianchi che vanno a votare.
La statale 71 che corre da Cleveland a Cincinnati funziona bene per vedere quanto può essere diverso uno Stato americano di media grandezza. Se il Nord dell'Ohio è un pezzo di quello che è stato l'equivalente del nostro triangolo industriale (con Detroit, Chicago), il sud è agricolo e infarcito di sobborghi. Tanti villaggi di coltivatori di soia, cereali vari e granoturco. In un altro diner (i posti dove si mangiano hamburger e patatine) della contea di Clinton, c'è meno degrado. Qui si fa l'agricoltore ma più o meno si lavora. Le prime cose di cui parlano gli avventori quando gli si chiede delle elezioni sono la guerra e lo scandalo Abramoff, il lobbysta accusato di aver pagato esponenti del Congresso e truffato i nativi indiani con una storia di costruzione di case da gioco. Il primo condannato tra i politici è il repubblicano Bob Ney, eletto nel 18° distretto elettorale dell'Ohio. Non è qui, ma ai due anziani signori che sorseggiano caffè chiacchierando col padrone, quella storia non è andata giù. "Parlano di Cristo e guarda cosa hanno fatto…" dice uno dei due. La televisione è accesa su Fox news, che più repubblicana di così non si potrebbe. Eppure anche il padrone, che si distrae un momento dall'assumere una ragazzina che ha risposto all'annuncio "cercasi cameriera" affisso alla portaci tiene a dire che lui qualche dubbio su chi votare ce l'ha. Non gli piacciono i matrimoni gay e non gli piace la gente che il partito democratico ha candidato: "Troppo di sinistra". Uno di sinistra sarebbe Sherrod Brown – che però, da deputato ha appoggiato una parte delle leggi speciali anti terrore. L'altra è Mary Jo Kilroy, candidata a Columbus ma usata in tutto l'Ohio per terrorizzare il ceto medio. La sua avversaria, Deborah Pryce, ha pagato uno spot nel quale la dipinge come un'estremista favorevole persino al taglio delle spese militari.
Più si scende lungo la Interstate 71 e più si nota che il clima cambia. Se a nord ci sono gli operai (o gli ex operai), a sud ci sono le chiese. Tantissime e per ogni gusto. Un enorme cartello autostradale recita: "Se morissi oggi, dove credi che spenderesti il resto della tua esistenza?"; cento metri più avanti la risposta: "L'inferno esiste". Le chiese promettono miracoli di ogni tipo e alla radio diventa difficile trovare musica che non sia "christian music"e speakers che non siano pastori. Proprio loro sembrano smentire l'idea che gli evangelici, delusi da Bush, non siano mobilitati per queste elezioni. E' anche vero che il candidato governatore Ken Blackwell è diretta espressione delle organizzazioni religiose, appoggiato da figure di spicco come James Dobson di Focus on family – che tra le tante altre cose offre sul suo sito consigli su come guarire dall'omosessualità. "Non dico che fare politica sia un dovere cristiano, ma il voto è un dono di dio", spiega uno di loro a chi per telefono esprime dubbi sulla relazione tra religione e politica. Un altro va più in la e mentre chiede donazioni alla Lega della Bibbia per spedire 100mila Testamenti in Guatemala, spiega che non facendo politica potrebbe succedere che un giorno governi qualcuno che impedisca di pregare. "E' vero che la parola di Cristo si è diffusa sotto i romani, in un periodo di repressione, ma io preferisco essere libero di poter diffondere la parola del Signore e per questo il 7 novembre vado a votare". Non c'è bisogno di dire per chi: dietro Obama e Clinton si potrebbe nascondere un Pol Pot o un feroce Saladino. Per capire che forza abbiano gli evangelici basta ascoltare le tante stazioni radio, la quantità di gente che chiama e la gamma impressionante di pubblicità che vendono prodotti cristiani. "Vuoi costruire una chiesa? Lo facciamo noi. Chiamaci", recita uno, mentre l'altro propone corsi per rieducare i bambini che si comportano male (niente psicologo, per carità). E poi c'è il "Centro Salute&natura mormone" per il padre e figlio "e ai primi tre che chiamano un buono di 280 dollari per un weekend gratis". Nella piccola e ridente Lebanon, cittadina dai tanti edifici pre900 alle porte di Cincinnati, il numero di chiese si avvicina in maniera inquietante a quello delle case. A Newport in Kentucky, città gemella di Cincinnati sull'altra sponda del fiume c'è un grande centro commerciale. Intorno solo villette. A parte due punk isolati che leggono i fumetti in libreria, si vede che sono tutti timorati di dio. Nella stessa libreria dei punk, nel reparto "Religione" ci sono 1500 titoli dedicati al tema. Biografie di gente rinata in Cristo, insegnamenti per la vita quotidiana, letture morali e 200 edizioni della Bibbia. Per i democratici da queste parti sarà molto più dura che al Nord. Se ce la fanno, sarà lo scandalo Abramoff-Ney a fare la differenza. E la crisi economica pure. Se per la Camera i seggi in ballo sono tanti e tre o quattro sono ancora molto indecisi, al Senato sembra fatta. Negli ultimi giorni di campagne elettorale i partiti decidono dove spendere soldi per comprare spazi radio e spot Tv. Sembra che il partito del senatore uscente Mike DeWine abbia scelto il Tennesse e il New Jersey. L'Ohio, i repubblicani, lo danno per perso.

(Martino Mazzonis)

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