30 aprile 2008

Glossario della crisi economica/3. SUBPRIME 2.0

Le Salsicce infette contagiano i mercati


Gli analisti negli ultimi tempi parlano di una crisi finanziaria di proporzioni enormi (Krugman parla di crisi simile a quella del 1929) avviata dallo scoppio della bolla immobiliare e dalla vicenda dei mutui subprime. La crisi dei mutui, infatti, rischia di minacciare la salute dell’intero mercato finanziario americano e di “contagiare” anche i mercati europei.
A questo punto è utile cercare di capire i perché di questo contagio, che non risiede solo in un periodo di panico e di mancanza di fiducia da parte degli investitori. Esiste, infatti, una catena di trasmissione che lega i mutui, i pignoramenti e le difficoltà dei risparmiatori americani alle attuali turbolenze finanziarie.
Il problema è quello delle salsicce infette. Ovvero: la banca che eroga i mutui può - a determinate condizioni - "cartolarizzarli", ossia trasformarli in strumenti finanziari: gli "ABS", Asset Backed Securities. Gli ABS sono titoli il cui valore è garantito del valore delle case ipotecate dal mutuo. Il rendimento dei titoli è legato agli interessi che il debitore paga e che sono tanto più alti quanto minore è la sua affidabilità.
Gli ABS immobiliari insieme con altre cartolarizzazioni vanno a comporre altri strumenti finanziari detti CDO, (Collateralized Debt Obligation), ossia obbligazioni composte da diversi tipi di titoli. La banca propone al risparmiatore un investimento in cui sono presenti moltissimi tipi diversi di obbligazioni e altre attività finanziarie, differenti per rischio e reddito, in modo da assicurare una certa stabilità ma anche un certo profitto.
Praticamente la banca si copre dal rischio legato ad investimenti rischiosi come i mutui emettendo “obbligazioni salsiccia” in cui dentro c’è un po’ di tutto, compresi i titoli legati ai subprime.
Questi titoli erano considerati redditizi e sicuri perché al momento dell'emissione non si avvertivano motivi particolari di preoccupazione e i prezzi delle case salivano. I frutti di questa'ingegneria finanziaria finivano poi in fondi comuni o in polizze vita senza che l'investitore finale fosse consapevole del rischio insito in questo genere di titoli.
In sintesi, le banche d’affari americane dopo aver concesso i mutui subprime li hanno impacchettati in una obbligazione e li hanno rivenduti ad altre banche in tutto il mondo (oltre agli USA soprattutto Inghilterra, Francia, Germania e Giappone) . Esiste un contagio da mutui le cui proporzioni ancora non sono chiare. L'incertezza non riguarda solo l'ammontare del valore di questi titoli, ma anche dove essi sono andati a finire. Anche perché questi strumenti finanziari possono essere impacchettati più volte in un sistema di scatole cinesi che impedisce alle stesse banche di capire dove finiscano effettivamente i titoli.
Per qualche tempo si è pensato che i titoli subprime fossero confinati solo in portafogli di istituzioni bancarie e finanziarie americane. Ma le cose non stavano così. La Bce ha ammesso che la situazione europea non è molto diversa da quella americana: ha cominciato la banca tedesca Ikb ad andare in bancarotta perché colpita dalla crisi dei mutui subprime e poi anche la banca olandese Nibc, poi Bnp Paribas.
Le banche, infatti, hanno dovuto affrontare una “crisi di liquidità”, ovvero: le banche con le obbligazioni si indebitano a breve termine, mentre i mutui immobiliari sono, per definizione, strumenti di lungo periodo. Quando il pagamento delle rate dei mutui procede senza problemi le banche riescono a ripagare le obbligazioni (il tasso d’interesse concesso sull’emissione dell’obbligazione per essere competitivo deve essere altissimo, se no non le sottoscrive nessuno). Però si è trascurato il fatto che alla scadenza i titoli vanno rimborsati e se chi ha fatto il mutuo (sottostante al titolo) non paga, la banca deve intaccare le proprie riserve o sperare di recuperare con una nuova emissione, contando sul fatto di posticipare il pagamento ai sottoscrittori.
La seconda via non è molto percorribile perché appena si diffonde la voce dell’inaffidabilità di un titolo questo non viene più acquistato. La banca si trova con un credito che non verrà rimborsato da una parte (mutuo), un debito da pagare e niente in mano per pagarlo. Con una crisi di ampie proporzioni come quella in atto ecco arrivare la crisi di liquidità che porta la banca sull’orlo della bancarotta (come Bear Sterns).
I primi sintomi della crisi sono stati ignorati nella convinzione che questo «nuovo mercato» del credito fosse strutturalmente molto meno esposto alle crisi finanziarie: i nuovi strumenti consentono infatti di diluire tutti i rischi. Il caso tipico è proprio quello dei mutui: l’istituto che li concede spezzetta poi il credito e lo trasferisce ad altri fondi e banche che a loro volta «impacchettano » il tutto sotto forma di obbligazioni che vengono rivedute sul mercato.
E’ vero che con la «nuova finanza» i rischi sono stati diluiti, ma non fino al punto di «vaccinare» il sistema dalle conseguenze di un’ondata di prestiti concessi in modo avventato. E’ una delle disfunzioni indotte da una trasformazione del mercato che un capitalismo ben funzionante dovrebbe vedere e correggere tempestivamente: i controlli sulla solvibilità dei debitori sono spesso venuti meno perché l’istituto che emetteva il mutuo era più interessato ai profitti che alle condizioni di prestiti destinati, comunque, a essere trasferiti ad altri.
Ora che si è tornati con i piedi per terra si scopre che il nuovo mercato dei derivati (un derivato è un titolo il cui valore è legato al valore di qualche altro bene o azione) oltre al positivo effetto di diluizione dei rischi, si tira dietro anche un problema, in qualche modo speculare rispetto a questo vantaggio: una volta che emerge una crisi, è difficile individuare e circoscrivere i focolai perché i prodotti finanziari «avariati»— nel nostro caso i mutui — possono essere finiti ovunque.

(Matteo Dian)

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