21 aprile 2008

Pennsylvania, 22 aprile 2008

Sguardo a volo d'uccello su questa Pennsylvania elettorale. Primo: le notizie di stampo enciclo- pedico sullo stato. E' stato fondato da un quacchero pacifico e molto avanti per i tempi come William Penn, che diede una terra ai suoi confratelli ("quaccheri brava gente": pacifici, tolleranti, open minded). Il soprannome dello stato è Keystone: era centrale nella geografia dell'Unione dei 13 stati, oltre a essere una piccola sintesi dell'economia americana già nell'800. Manifattura più agricoltura e latifondo. L'analista elettorale di casa Clinton James Carville lo ha descritto come "Pittsburgh e Filadelfia con l'Alabama ficcato in mezzo", cioè due grandi cinture industriali con una grande zona rurale che le divide.

In Pennsylvania ci sono 12 milioni di abitanti - è uno degli stati più popolosi - che eleggono 21 "grandi elettori" per le presidenziali del 2008. Il governatore è un democratico, i senatori sono uno repubblicano e uno democratico, Alla Camera dei Rappresentanti ci sono 11 democratici e 8 repubblicani. Il più celebre è il vecchio John Murtha.

Elettoralmente è il classico stato in bilico, tra quelli cruciali per qualsiasi elezione presidenziale. Nel 2004 qui vinse Kerry con due punti e mezzo di vantaggio, e i sondaggi della Rasmussen di questo mese danno in vantaggio qualsiasi candidato democratico su McCain. I sondaggi di aprile che riguardano le elezioni di novembre vanno sempre presi con le pinze, ma la tendenza è a favore dei democratici già da qualche anno (un democratico ha vinto lo stato nelle ultime quattro elezioni presidenziali). Un esempio è la conquista nel 2006 del collegio elettorale dei sobborghi di Pittsburgh, dove a sorpresa un democratico ha battuto la rappresentante uscente repubblicana.
Perché è un esempio importante? Perché si tratta di un collegio formato per lo più da sobborghi residenziali abitati da professionisti bianchi della classe media, con a disposizione un reddito pro capite più alto della media nazionale. Quel tipo di elettorato che più facilmente potrebbe abbandonare i repubblicani stanchi dell'amministrazione Bush, sempre che McCain non si adoperi con intelligenza al loro recupero.

Allo stesso tempo la Pennsylvania è considerata un tipico stato di residenza per i Reagan Democrats, le tute blu che hanno cominciato a votare repubblicano dai tempi di Reagan. Di nuovo è presumibile immaginare che questo tipo di elettorato premi - come in Ohio - la Clinton, la quale vuole affermare l'impossibilità di Obama di fare presa sull'elettorato che possiede questo genere di caratteristiche: tuta blu, bianco, di una certa età, conservatore per quello che riguarda i valori, il più delle volte cattolico e democratico da una vita (spesso per la contestuale frequentazione dell'ambiente sindacale). Nello stato gli over 65 sono il 15,1% della popolazione - contro il 12,4 della media nazionale - e a possedere una laurea è il 25,4%, rispetto al 27% del resto del paese.

I sondaggi oggi danno la Clinton in vantaggio, chi dice di 3 chi dice di 10 punti. A gennaio Obama era sotto anche di 30 punti percentuale. Evidentemente a ragione chi (come l'Economist) sostiene che anche la Pennsylvania è terreno di scontro tra le due americhe democratiche: quella appena descritta e quella "Obamiana", i neri, i giovani, i professionisti della società dei servizi che oggi patiscono gli effetti della crisi finanziaria o sono stufi di Bush.
Sempre l'Economist traccia una sorta di confronto tra i democratici della rust belt di Pittsburgh, cioè delle zona manifatturiera più in crisi, e l'area della Greater Filadelfia (dove si sono impiantate aziende high tech e di servizi). Pittsburgh ricorda l'Ohio, dove i posti di lavoro sono aumentati solo dello 0.5% negli ultimi cinque anni, mentre nell'area di Filadelfia l'occupazione è cresciuta ben oltre il 3% annuo. E nell'area della Grande Filadelfia vive il 60% dei democratici registrati per il voto.

Il risultato delle primarie della Pennsylvania darà un'idea piuttosto precisa del comportamento di voto dell'elettorato democratico, ma ci dirà poco sull'orientamento di chi si registra alle elezioni presidenziali come indipendente. In queste primarie esiste un doppio meccanismo di filtro: possono votare solo gli elettori registrati come democratici e tra loro quelli che lo hanno fatto con almeno un mese d'anticipo. Obama può sperare però che i 100 mila nuovi democratici iscritti a queste primarie siano "gente" sua, mobilitata dai suoi supporter e trascinata dal suo successo mediatico di questi mesi (gli infortuni sono arrivati dopo).

Comunque vadano le primarie (se la Clinton vincesse bene continuerebbe di essere l'unico candidato "presidenziabile", l'unica in grado di vincere negli stati in bilico) qualcuno dovrà ragionare, ancora una volta, su due elementi: come tenere unito il partito democratico a novembre, dove puntare per il futuro. La Pennsylvania, come l'Ohio, è uno stato che non cresce di popolazione, nel quale l'economia va così così (a parte alcune aree) e dove la categorie più allineate al partito sono minoranze in via di estinzione: pensionati e sindacalizzati vecchia maniera. Come il partito democratico italiano, che prende voti dai lavoratori del settore pubblico e dai pensionati. In queste condizioni, un partito può guardare lontano?

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