7 giugno 2009

Caldiron intervista Roy sul Cairo

Guido Caldiron
Olivier Roy è considerato uno dei più grandi esperti mondiali di geopolitica islamica. Direttore di ricerca al Cnrs di Parigi, insegna all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales e all'Institut d'Etudes Politiques. Trai suoi libri, tradotti nel nostro paese, ricordiamo Global Muslim (Feltrinelli, 2003), L'impero assente (Carocci, 2004), L'Islam alla sfida della laicità (Marsilio, 2008).
Professor Roy, che impressione le ha fatto il discorso di Obama al Cairo?
Quello di Obama è stato un discorso "fondatore", nel senso che ha fatto il punto su tutti gli aspetti della relazione tra gli Stati Uniti e i musulmani, annunciando profonde modifiche rispetto a quanto visto fin qui. Credo però che più che le cose concrete dette dal Presidente americano, conti il tono del suo intervento. Obama ha parlato chiaramente, spiegando come la politica del suo paese su questi temi sia cambiata. Questo è il primo elemento segnalato dal discorso del Cairo.

Obama ha scelto con attenzione parole e riferimenti, il suo intervento si segnala per un nuovo vocabolario delle relazioni con l'Islam, "Voglio una Gerusalemme dove tutti i figli di Abramo si mescolino in pace" ha detto tra le altre cose. Un linguaggio che poptrà avere qualche effetto su chi l'ha ascoltato?
Senza dubbio. Obama ha giocato molto bene sia la carta emotiva, arriverei a dire affettiva, che quella razionale e realista. Voglio dire che non si tratta solo di un discorso che evoca grandi principi ma poi elude le difficoltà concrete che si incontrano nel tentare di tradurli nella realtà. Al contrario, Obama ha affrontato tutti gli aspetti quella questione, senza reticenza. E credo che le reazioni positive che stanno già arrivando da molti settori della politica musulmana e dai diversi paesi arabi, confermino questa lettura. Del resto, alla base del suo discorso c'è l'idea di un rispetto reciproco, non un rispetto generico tra diversi, ma una sorta di impegno verso un'evoluzione positiva delle varie situazioni prese in esame. Obama ha detto ai musulmani che è proprio perché vi rispettiamo che vi chiediamo passi concreti sulla democrazia, i diritti dell'uomo, la libertà individuale, la violenza e via dicendo.

Alla vigilia del discorso, tutti gli osservatori erano certi che Obama avrebbe parlato della Palestina o dell'Iraq, mentre era molto meno scontato che avrebbe posto anche delle domande scomode a chi lo ospitava: quell'Egitto di Mubarak che, come molti altri paesi "moderati", non brilla certo nel rispetto della democrazia. La sfida lanciata potrà avere risposte concrete?
Obama non avrebbe potuto non fare riferimento a questi temi che fanno parte in qualche modo dell'agenda politica o della comunicazione internazionale. Ciò detto, credo che un elemento di debolezza del suo intervento sia rappresentato dal modo in cui si è rivolto agli islamisti. E' vero che ha parlato della democrazia e del fatto che molti si limitano a reclamare diritti quanto non hanno potere e poi se ne scordano una volta alla guida di un paese, ma mi è sembrato debole su questo punto. Ha citato Hamas ma non ha fatto parola, almeno in modo esplicito, ai Fratelli Musulmani. Eppure, insieme alla carenza di democrazia dei regimi al potere, la minaccia alla democrazia rappresentata dall'Islam politico radicale rappresenta il cuore del problema.

Lei ha spiegato in tutte le sue opere che una sola "Umma", comunità, musulmana globale esiste solo nelle menti dei leader politici o religiosi, non nella realtà. Da questo punto di vista, a quale Islam ha parlato davvero il Presidente americano: ai sette milioni di musulmani che vivono negli Usa, alle nuove generazioni del mondo arabo o a chi altro?
In effetti credo che parli, per così dire, a molti Islam differenti. Da notare che Obama non ha usato una sola volta il termine di "muslim world" preferendo invece parlare "ai musulmani che sono nel mondo". Quando parla al passato fa ancora riferimento all'Islam come a una civiltà, c'è quella islamica e c'è quella occidentale con i loro scambi reciproci. Quando invece parla al presente si rivolge a dei soggetti concreti, insiste sui musulmani degli Usa, per ribadire che sono a tutti gli effetti americani. Mette l'accento sul fatto che si tratta di tante cose diverse, di cittadini di paesi tra loro molto diversi e non di una sola identità "totalizzante". Perciò Obama si muove sulla buona strada ma ancora con qualche incertezza.

In relazione a uno dei temi più caldi dell'agenda internazionale, quello del conflitto in atto in Pakistan e Afghanistam, Obama ha detto cose concrete: costruiremo ospedali e scuole per combattere il fondamentalismo. Un'attitudine nuova da parte degli Usa?
Fin qui siamo agli annunci, vedremo quante di queste cose si trasformeranno in atti concreti. In realtà Obama aveva annunciato questi passi già nella sua campagna elettorale, ma fino a questo momento si è visto ancora ben poco. Sulle situazioni di crisi più acute, Iraq, Afghanistan, Pakistan, lo stesso conflitto in Palestina, Obama aveva già detto le stesse cose, ora serve tradurle nella realtà. Quel che è certo è che il Presidente americano si rende conto che l'opzione militare può, da sola, risolvere ben poco di tutti questi conflitti.

Dopo dieci anni di politica americana all'insegna dello "scontro di civiltà", con Obama si è aperto un altro capitolo nelle relazioni internazionali. Ma potrà l'America che ha fino ad ora incarnato l'idea dell'esportazione manu militari della democrazia, sostenere la battaglia per la democratizzazione e la libertà nei paesi musulmani? Su questo tema Obama ha affermato due principi. Da un lato che non si può esportare la democrazia, dall'altro che la democrazia stessa deve radicarsi nelle culture locali. Perciò ha già rimpiazzato il "clash" tra civiltà caro a George W. Bush con l'idea del dialogo e con la constatazione che i musulmani si muovono oggi in molti contesti politici e sociali, tutt'altro che omogenei. In definitiva lascia aperta ogni possibilità rispetto al ruolo che potranno avere gli Usa nel processo di democratizzazione dei paesi musulmani.

Nessun commento: