Martino Mazzonis
Un porto delle nebbie. Così verrà ricordata dagi storici la Casa Bianca dell’era Bush II. Non c’è ex generale, collaboratore, portavoce, aiutante che, lasciando l’amministrazione in carica, non abbia sparato a zero su Cheney e la sua marionetta presidenziale. Gli unici a stare zitti o a svicolare sono Rumsfeld e Wolfovitz le figure portanti finite male. L’ultimo della serie è Scott McClellan, ex capo ufficio stampa della Casa Bianca per sei anni che ha pensato bene di dare alle stampe un libro che colpisce una presidenza barcollante e ai minimi storici per approvazione.
Il libro di McClennan si chiama “Cosa è successo: dentro la Casa Bianca di Bush e la sua cultura washingtoniana dell’inganno”, un titolo fatto apposta per vendere tante copie, che è esattamente il motivo per cui negli Stati Uniti in tanti si tolgono sassolini dalle scarpe nel momento in cui lasciano un posto importante. Ci aveva provato anche Ari Fleischer, ex portavoce di Bush ma si dice che il suo libro sia così noioso e privo di notizie sensazionali che dopo qualche tempo sugli scaffali delle librerie sia pronto per il macero.
McClellan non risparmia nessuno: accusa Rove, l’ex stratega di Bush, di avergli mentito sulla vicenda della fuga di notizie dalla Cia, Condoleezza Rice di essere sorda alle critiche e Cheney di essere “il mago" che manovra la politica da dietro le quinte stando bene attento a non lasciare traccia del suo passaggio.
L’ex portavoce della Casa Bianca non arriva fino ad accusare Bush di aver volutamente mentito sulle vere ragioni per invadere l’Iraq, ma afferma che lui e il suo staff oscurarono la verità e fecero in modo che "la crisi fosse gestita così da far apparire la guerra come l’unica opzione praticabile". Quella messa in piedi dalla Casa Bianca nell’estate del 2000, aggiunge McClellan, fu una "campagna di propaganda politica" mirata a "manipolare le fonti alle quali attinge l’opinione pubblica" e a "minimizzare le reali ragioni della guerra»". Tra gli altri episodi citati nel libro anche un dialogo a porte chiuse tra Rove e Lewis Scooter Libby, aiutante di Cheney che rivelò le notizie su Valerie Plame agente segreto della Cia. Su tutta la faccenda Libby paga col carcere e in molti chiedono l’impeachment per il vicepresidente (mentre Rove è indagato). McClellan lasciò la Casa Bianca il 19 aprile del 2006 dopo che il nuovo capo di gabinetto Joshua Bolten, avviò un radicale rimpasto di cui fece le spese anche Karl Rove.
"Ammiro ancora Bush" scrive McClellan, che ha appena compiuto 40 anni e lavora con il presidente dai tempi in cui govrnava placidamente sul Texas, nelle 341 pagine del libro anticipato dal Washington Post, "ma lui e i suoi consiglieri hanno confuso la propaganda con l’onestà e il candore necessari a costruire e mantenere il supporto dell’opinione pubblica in tempo di guerra. Da questo punto di vista Bush è stato terribilmente malconsigliato, specie per quanto riguarda la sicurezza nazionale". L’ex capo ufficio stampa ha anche accusato lo staff della Casa Bianca di aver gestito in maniera disastrosa la comunicazione durante la devastazione portata dall’uragano Katrina nel 2005. "Per tutta la prima settimana non hanno fatto altro che negare" scrive McClellan, "così uno dei più gravi disastri della storia del nostro Paese è diventato il più grave disastro della presidenza Bush". McClennan racconta anche della famosa foto (qui sopra) con il presidente che guarda New Orleans seduto sull’Air force one, invece che in mezzo alla gente. Su quella foto c’è stata un discussione e, come sempre, racconta McClennan, l’ha avuta vinta Rove. Mancano sei mesi all’addio di George W., un altro libro ci racconta dall’interno che disastro è stato questa presidenza. Persino per chi ci ha lavorato.
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