17 luglio 2009

A che punto è la crisi Usa?

A marzo si parlava di germogli di ripresa. Adesso i segnali sarebbero nettamente positivi. La ripresa cinese è più forte del previsto, gli indicatori indiani sono positivi e le banche americane tornano a fare profitti - suscitando un giusto vespaio di polemiche per i bonus che si apprestano a distribuire. Ieri, per la seconda volta consecutiva, il dato sul numero di richieste di sussidi di disoccupazione negli States è più basso del previsto.
Cosa sta succedendo? Come d’incanto la crisi è passata e tutto torna a girare per il verso giusto? Non proprio, non esattamente. E’ vero, la Federal reserve ha appena diffuso un comunicato nel quale si dice che «Le informazioni raccolte indicano che la contrazione dell’economia sta rallentando. I mercati finanziari conoscono un miglioramento e la spesa delle famiglie mostra segni di stabilizzazione», ma, come recita lo stesso comunicato, «Le imprese continuano a tagliare sugli investimenti fissi e sulla manodopera». Secondo gli esperti della Fed, l’economia degli Stati Uniti è dunque in lenta ripresa. Peggio sembrerebbe andare all’Europa, anche se tutte le istituzioni sovranazionali che pubblicano rapporti trimestrali sull’andamento dell’economia - Ocse e Fmi - parlano di ripresa leggermente più rapida del previsto.
Gli analisti, anche quelli delle bibbie del mercato come il FInancial Times, non sono troppo convinti. O meglio, cercano di ricordare e sottolineare che la crisi è stata di quelle dure, frutto del combinato di un modo di organizzare i consumi e i mercati finanziari che non possono più tornare ad essere com’erano. O almeno non dovrebbero.
Martin Wolf, uno dei columnista utorevoli del quotidiano arancione di Londra, tra coloro che hanno segnalato con più insistenza la magnitudo della crisi, ricorda vel suo articolo di mercoledì scorso che, «Dopo la tempesta, la salita sarà lunga». Wolf segnala che molte economie ricche prevedono un eccesso di capacità produttiva per il 2010 mentre i consumatori sembrano non aver nessuna intenzione di riprendere a consumare. «Nel 2007 il settore privato Usa ha speso il 2,4% in più di quanto ha guadagnato. Nel 2009 spenderà il 7,9% in meno di quanto guadagnato - ricorda Wolfe, che aggiunge quanto sia buffo che - il passaggio alla prudenza dei consumatori sia stato tanto invocato in passato quanto poco apprezzato oggi». Ancora per il 2010, dunque, sarà il deficit spending a generare domanda. Con possibili guai a venire per il futuro.
A proposito di deficit, nella sua rubrica settimanale per il New York Times, il premio Nobel per l’economia Paul Krugman, calcola con un ragionamento complicato, che il deficit ha «salvato il mondo» da una nuova Grande depressione. E questa è una bella rivincita contro i fondamentalisti del bilancio in pareggio.
Su Bigmoney.com Daniel Gross, un altro analista tra i più acuti, spiega, citando una serie di istituti di ricerca e indicatori economici che si, la «recessione è finita». Gross sottolinea che i dati che cita vengono da istituti indipendenti che nn dipendono dalle banche e che, in passato, gli stessi istituti hanno saputo prevedere con puntualità recessioni e riprese con largo anticipo. Lo stesso Gross sottolinea che i numeri non fanno l’economia e che, chi pensasse che la ripresa economica significa il ritorno ai bei tempi che furono o a rimbalzi clamorosi, si sbaglia di grosso. «Senza soldi facili e un boom del mercato immobiliare è difficile capire cosa produrrà una crescita occupazionale su larga scala - scrive Gross, concludendo - La recessione è finita! Che la ripresa senza occupazione cominci!».
Da punti di vista diversi, sembrano tutti convergere su un punto: la ripresa sarà lenta e non avrà ricadute immediate sulla vita quotidiana delle persone.
Il più scettico di tutti sembra essere Robert Reich, ex Segretario al Lavoro di Clinton ed economista a Berkeley, uno degli esclusi illustri (con Krugman) dal team di economisti che gravita intorno alla Casa Bianca. Reich vede nel ritorno agli utili delle banche come Goldman Sachs - che nell’ultimo trimestre ha fatto profitti record - sia un rischio di un ritorno al passato. «Il fatto che Goldman sia tornata è un bene per la disastrata economia di New York (...) Ma il modello di business ad alto rischio della banca non è cambiato e il suo successo spingerà altre banche a fare lo stesso». Con l’aggravante che i rischi, Goldman li sta prendendo con i soldi dei contribuenti. Reich è pessimista sulla crescita. Se i modelli economici di ripresa sono a V e a U - rapida quanto il tonfo quella a V, lenta quella a U - Reich sostiene che questo non è nessuno dei due casi. «In una recessione così dura, la ripresa non dipende dagli investitori. Dipende dai consumatori che rappresentano il 70% dell’economia statunitense. Stavolta i consumatori sono davvero sfiniti e fino a quando non ricominceranno a spendere, non ci saranno riprese, né a U, né a V». Secondo Reich, per gli Usa serve un nuovo modello di economia di mercato. In fondo, ognuno con accenti e priorità diverse, anche gli altri sostengono la stessa tesi.

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